BDSM – Petplay – Giochi per Animali
La ragazza era accucciolata a terra, le mani dentro i guanti imbottiti poggiate sotto la guancia, il viso sereno. Nuda con la coda inserita che ondeggiava lentamente, si godeva i grattini che il suo Owner le faceva sulla nuca, mentre conversava con gli amici.

Il petplay è un tipo di gioco di ruolo, inserito tra le pratiche BDSM e kinky, in cui una o più persone assumono caratteristiche, comportamenti, posture, versi e, in alcuni casi, istinti di un certo animale. Spesso il petplay è caratterizzato da dinamiche di power exchange o si esperisce all’interno di una relazione D/s, in cui il Dom riveste il ruolo di “owner”, ovvero la persona a cui appartiene e sceglie di appartenere “l’animale”, in questo caso il sottomesso. Questa è una delle modalità più comuni, ma le possibilità sono chiaramente molte, pari all’unicità della persona che decide di avventurarsi in questa pratica.
Inoltre, non è necessario che sia presente un owner, chi si occupa del petplayer potrebbe essere un “handler”, ad esempio. Un “Conduttore” colui che si occupa di gestirlo per un periodo di tempo limitato, come una sessione singola; mentre il “trainer”, l’addestratore, cerca di modellare e perfezionare il gioco, impartendo degli ordini o dei comandi, occupandosi dell’addestramento e dall’apprendimento dei comportamenti adatti.
Il petplayer può scegliere di assumere l’identità che preferisce o che è stata concordata con l’owner, come un animale domestico (gatti, cani, conigli ecc.), selvatico (lupi, volpi, procioni ecc.), da allevamento (cavalli, ponies, pecore, maiali ecc.), o anche fantastico (unicorni, draghi e tutto quello che l’immaginazione suggerisce), che a sua volta potrebbe essere sia adulto che cucciolo o con altre caratteristiche specifiche. Il livello di immersività nel ruolo, varia da soggetto a soggetto, in base alle preferenze e a quanto si è disposti a lasciarsi alle spalle le proprie caratteristiche umane, durante il gioco. Per questo, stabilire delle regole prima di iniziare la sessione è fondamentale per capire i limiti e i desideri di ognuno, in modo da garantire il benessere comune. Sopratutto perchè la comunicazione durante la sessione è non verbale, in quanto gli animali non parlano.

Il petplayer desidera interagire, comportarsi ed essere trattato o accudito, per l’intera sessione, nel modo che caratterizza l’animale scelto, all’interno del contesto stabilito, fatto, a sua volta, di regole precise, in cui vi può essere sia sottomissione, controllo psicofisico, umiliazione, rapporti sessuali, erotismo, sia coccole, gioco, carezze, innocenza o anche un forte e marcato istinto animale con morsi, versi specifici (ringhiare, ululare, mugulare, abbaiare, miagolare ecc.) e atteggiamenti tipici.
Il Petplay nella sua forma più naturale non prevede contatti sessuali tra Conduttore e Pet, poichè nella forma mentale di animale non ci sarebbe il desiderio da parte di quest’ultimo di avere rapporti con lui.
Il percorso è quindi più esperienziale, calarsi nella mente dell’animale scelto per viverla appieno, godersi la cura e il rapporto con la persona che si è scelta.
Anche il contatto con altri Pet è molto forte, comunicare con un proprio simile, o con animali diversi, vivere l’esperienza del corteggiamento ferino, o di giocare con un altro cucciolo.
La formula del Pet che comprende anche rapporti sessuali tra owner e pet è spesso più superficiale, quasi un vivere una forma ibrida tra uomo e animale, inserendo comportamenti della forma scelta nel comportamento di coppia, in questi casi si scende meno in profondità nella psiche ferina.
Quello di cui si ha bisogno per fare Petplay è la voglia di mettersi in gioco e la capacità di lasciarsi alle spalle la vita quotidiana e parte della propria umanità.
La scelta dell’attrezzatura è facoltativa, ma spesso il suo contributo è fondamentale per permettere di immedesimarsi e vivere appieno tutte le azioni di gioco:
- Il collare può, nel petplay, come anche in qualunque altro contesto BDSM, avere molteplici significati e livelli differenti; in questo caso, spesso, la sua funzione è quella di identificare il cucciolo o l’animale e specificare a chi appartiene, utilizzando anche medagliette personalizzate, proprio come si farebbe con un animale addomesticato.
- Un guinzaglio o un chest harness possono essere utilizzati per aumentare il controllo sul petplayer.
- Maschere o museruole servono per limitare il più possibile la capacità di comunicare attraverso il linguaggio.
- Le ginocchiere rappresentano un importante equipaggiamento per evitare di farsi male e per mantenere la posizione carponi a “quattro zampe” durante tutta la sessione.
- Le “mock paws” sono guanti speciali che permettono di ricreare la forma di una zampa: essi non hanno fori per le dita e costringono il petplayer a tenere la mano chiusa a forma di pugno, all’interno della stoffa imbottita.
- Il plug, invece, serve a ricreare una coda reale
- Ciotole, giochi, gabbie servono a strutturare ancora di più le dinamiche del gioco di ruolo
L’esperienza del petplay, se affrontata con consapevolezza e senza vergogna o imbarazzo, può essere vissuta in modo coinvolgente, acquisendo, dentro di sé, una componente totalmente nuova per quanto riguarda la percezione della realtà che ci circonda.

Il gioco, quindi, verrà strutturato in base ai tratti animaleschi adottati e in base al tipo di risultato che il proprietario, o l’handler, vuole ottenere dalla sessione. Di solito, un maggior numero di sessioni nel tempo, permettono di raggiungere una maggiore confidenza con il ruolo scelto, ricordandosi di assumere il meno possibile tratti del comportamento umano. Ad esempio, scegliere nello specifico il “kitten play”, assumendo le caratteristiche di un gatto, significa cominciare a miagolare, fare le fusa, strusciarsi, graffiare, mordere o infilarsi in una scatola per giocare; il padrone, il dominante o il gestore, si impegnerà a giocare con il proprio “gattino”, a ricompensarlo per essere stato buono e a punirlo per aver disobbedito.
Bisogna essere pronti, però, anche a gestire delle esigenze differenti in caso si scelgano animali particolari o selvatici. Assumere i tratti comportamentali di un lupo, sia adulto che cucciolo, significa, per il petplayer, essere pronto ad imitare un tipo di personalità più esuberante e delineata da atteggiamenti quali ululare, ringhiare, mordere, guaire, annusare e leccare, per conoscere e fare amicizia; mentre, per l’owner, significa essere in grado di controllarne la vivacità e l’euforia in ogni momento. Bisogna saper premiare il pet con dolcetti (commestibili e adatti agli esseri umani), giochi o grattini sulla pancia, e disciplinarlo, tenendolo al guinzaglio o chiudendolo per un certo tempo in una gabbia, nel momento giusto, in modo da acquisire, regolare e modellare il proprio lato selvatico e istintivo.
In casi come questi, in cui perfezionarsi è più complesso data la minore disponibilità di comportamenti animaleschi selvatici nella nostra quotidianità, riuscire ad effettuare un training, imparando a vivere il ruolo, da un lato, e a guidarlo, dall’altro, in modo sempre più corretto, permette di ottenere risultati capaci di rafforzare, in modo speciale, l’unione tra l’owner e il suo “animaletto”.
Durante le fasi, di questo specifico gioco di ruolo, il pet potrebbe entrare in uno stato mentale particolare denominato headspace, molto simile al subspace delle altre pratiche BDSM, in cui egli si sente così preso dalla parte, che dimentica totalmente il mondo esterno e vive un tipo di realtà alterato, fino a risultare incapace di valutare la situazione e utilizzare la parola di sicurezza in caso si stia facendo del male.
L’aftercare, una volta fermato il gioco, è finalizzato proprio a interrompere questa sorta di trance: esso non solo serve a ristabilire i normali livelli emotivi, ma è anche utile a richiamare alla realtà e alla consapevolezza della propria identità.

In ogni caso, se ben gestito e vissuto con serenità, il petplay risulta capace di generare un vero e proprio effetto benefico, in cui si superano certi muri d’inibizione, attraverso la spontaneità dell’istinto animale, e si approfondisce l’intimità con il proprio partner, sia all’interno del gioco che nella vita di tutti i giorni.
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