Recensione del libro “Histoire D’O”
“Histoire d’O” è un “romanzo erotico” scritto dall’autrice francese Anne Desclos, sotto il falso nome di Dominique Aury, usando lo pseudonimo di Pauline Réage, ed edito nel 1954. Nel 1955, vinse il premio letterario Prix des Deux Magots, ma poco dopo vennero avanzate, nei confronti dell’editore, accuse per oscenità.
Il romanzo fu scritto per sfida verso l’amante, lo scrittore Jean Paulhan, più anziano di lei di vent’anni, omaggiato sin nel nome in copertina.

Nel romanzo, la protagonista, ci viene presentata esclusivamente con il nome di “O”. L’unica lettera, che ci permette di identificarla, potrebbe sembrare una scelta casuale, ma essa simboleggia il vuoto interiore che caratterizza il personaggio; un oggetto in carne ed ossa, svuotato della sua stessa essenza e privo di una reale volontà e spinta vitale. Gli uomini che possiedono O, in modo subdolo e spietato, cavano dal suo corpo, ogni desiderio di sottrarsi ai trattamenti crudeli che ella subisce in modo sempre più passivo, mostrando al lettore quanto essa si sia trasformata in un semplice involucro priva di tutte quelle connotazioni che definiscono l’individuo nel mondo.
La protagonista viene offerta al lettore attraverso il suo mondo interiore, piatto ed impersonale e attraverso le vicende estreme che essa vive, in modo passivo: O viene portata da René, l’uomo che ama, nel castello di Roissy dove è educata all’obbedienza e alla schiavitù sessuale, attraverso una serie di abusi e violenze fisiche e psicologiche, che subisce soltanto grazie alla forza che il suo amore incondizionato per René le fornisce. In questo modo, per O, le umiliazioni, le sevizie e la sofferenza diventano una prova tangibile della sua devozione e quindi, una fonte di orgoglio. Nel corso della trama, O, ricattata per il suo amore, viene ceduta prima parzialmente e poi totalmente, da René, ad un altro uomo, Sir Stephen, che ne diventerà il padrone e la userà, in modo ancora più spietato e subdolo, per i suoi scopi sadici: la protagonista sarà forgiata ad un’obbedienza totale e incondizionata, verrà marchiata a fuoco e le verranno incastonati nella carne, in modo permanente, degli anelli siglati con le iniziali del suo possessore, senza chiaramente nessun tipo di consenso.

Histoire d’O è un romanzo che non potrebbe mai rappresentare un esempio nell’ambito del BDSM. Esso, sì, ci presenta pratiche estreme e temi che riguardano la dominazione-sottomissione, ma in una luce totalmente priva di tutte quelle regole, indicazioni e disposizioni, che non solo caratterizzano il BDSM, ma che eludono la dimensione di violenza e abuso sessuale in generale.
Tutte le pratiche estreme e pericolose, a cui O viene sottoposta, non tengono per nulla conto del consenso o della volontà della protagonista, che, oltre a non avere la possibilità di esprimere alcun parere, sembra non possedere il minimo aspetto introspettivo, se non quello di un amore ossessivo-dipendente. Insomma, l’autrice ce la mette tutta a far trasparire “l’encefalogramma piatto” del personaggio. Negoziazione dei limiti, consenso informato, rispetto, cura e ascolto sono concetti lontani anni luce, opposti ad ogni minimo elemento della storia e il disagio psico-fisico, che vive la protagonista, risulta invece un incentivante, che rigenera, sempre di più, la sete sadica dei perpetratori.
Persino il marchio a fuoco con cui si stabilisce la totale proprietà e appartenenza a Sir Stephen, come gli anelli siglati inseriti nella sua carne, sono apposti senza un reale consenso e nella disarmante accettazione di lei.

O, nella sua ossessione, non vive realtà che non sia quella della schiavitù e della dittatura mentale che le viene imposta; non conosce differenza tra sentimenti e desideri sani ed emotività distorta, tra bisogni vitali e capricci narcisistici del suo padrone. La sua sopravvivenza dipende esclusivamente dal sentirsi desiderata, usata, violata e schiacciata da uomini privi, anch’essi, di un senso del reale che non sia patologico e se mai questa sorta di giostra, aliena ad ogni dignità umana, dovesse fermarsi, lei preferirebbe, certamente, la morte.
Tanto che in uno dei vari finali alternativi proposti nelle diverse edizioni O si lascia morire quando abbandonata da Sir Stephen.

In questo romanzo a fare la figura peggiore è proprio l’amore, che è ossessione, non spinta verso un progetto comune ma quasi giustificazione per la ricerca di distruzione della protagonista. Tanto da sembrare che si innamori di Stephen per giustificare il suo lasciarsi andare totalmente a lui, quasi a lasciapassare del suo degrado. Non si fa massacrare per o da lui perché lo ama, ma lo ama perché si fa fare questo.
Un concetto aberrante, e soprattutto pericolosamente lontano dalla cultura del consenso informato che è la base del BDSM.
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