“Venere in pelliccia” è un romanzo erotico, pubblicato nel 1870 e scritto dell’autore Leopold von Sacher-Masoch, da cui, appunto, deriva il termine masochismo.
Un libro che racconta quanto le fantasie e le pulsioni di un uomo ne identifichino e ne decidano la vita, e spesso anche quella delle persone attorno a lui.
La trama, per nulla banale, si apre con il narratore, che recandosi da un amico, Severin, gli racconta di un sogno, fatto poco tempo prima, caratterizzato da un’insolita protagonista, che indossava una morbida pelliccia: Venere, la dea dell’amore. Dopo aver raccontato del suo sogno, egli nota una particolare somiglianza, al suo racconto onirico, in un quadro raffigurante una donna seduta, avvolta anch’essa in una pelliccia, che, tenendo una frusta nella mano destra, guarda crudelmente un uomo prostrato ai suoi piedi.

Venere in Pelliccia – Guido Crepax

Severin, rivelandosi lui l’uomo nel quadro, consegna all’amico un diario in cui narra di come si sia trovato in quella situazione di sottomissione e di come egli sia diventato lo schiavo di una donna che amava alla follia, Wanda Dunajew.
Questo romanzo è il simbolo del masochismo, in cui, però, ne viene espressa, soprattutto, la parte “disturbante”, di disagio, di danno che vive il protagonista, rivelando, dentro di lui, sempre di più, l’esistenza di un vero e proprio disturbo parafilico di tipo masochistico.
Severin oltre a struggersi d’amore per Wanda, lascia che, a poco a poco, essa diventi la sua padrona e che, in un’umiliazione crescente, lo degradi e gli infligga un dolore sempre maggiore.
Egli è una vittima che, inconsciamente, cerca il proprio carnefice, confessando di poter amare solo una donna senza pietà e che lo torturi come un martire. Più volte Wanda cerca di distorglierlo dalle sua aspirazioni di sottomissione estrema e di sofferenza d’amore, ma alla fine, Severin finisce per firmare, di sua propria volontà, un contratto, in cui rinuncia totalmente al suo libero arbitrio.
La protagonista femminile, paragonata a Venere, indossa, praticamente sempre nella storia, vari tipi di pellicce, che diventantano la metafora della crudeltà e dell’infedeltà della donna.

Venere in Peliccia di Roman Polaski

Severin viene continuamente schiacciato, ridicolizzato e frustato, anche con l’inganno, e in lui si nota un forte elemento patologico, che lo condanna ad una “non-vita” e che non gli permette di svilupparsi come individuo. Egli si usura nella gelosia, nel senso di colpa e nella contraddizione che esiste tra una finta dignità di uomo e il desiderio di essere ridotto a mero oggetto usato, maltrattato e ferito.
Nonostante il romanzo ci presenti un legame ufficiale padrona-schiavo, esso non può essere preso come modello da seguire per instaurare un tipo di relazione D/s, in un contesto BDSM.
Le dinamiche, che intercorrono, infatti, sono eccessivamente avvilenti e prive di sicurezza, soprattutto nei momenti di punizione che vive Severin, in cui viene “frustato a morte” fino a perdere i sensi o imprigionato senza acqua né cibo. Manca ogni forma di cura e rispetto, tranne per qualche occasione di tenerezza, e la condizione di sottomesso viene vissuta, sì con desiderio, ma anche con una sofferenza troppo profonda per rappresentare in qualche modo un piacere non velenoso. I sentimenti per Wanda sono assimilabili ad un fanatismo estremo e, spesso, il protagonista viene sfruttato o ingannato per mezzo di essi, cosa inconcepibile in un rapporto sano.

Venere in Pelliccia di Guido Crepax – ES edizioni

Il masochismo distruttivo, che come ho detto prima, rasenta forme patologiche, trascina la stessa Wanda, la “padrona”, in azioni crudeli e subdole, mentre invece un/una Dom dovrebbe piuttosto modulare le spinte libidiche ed emotive del sub, orientandole verso una dimensione di piacere e soddisfazione per entrambi.
Mai si potrebbe chiedere ad un sottomesso/slave di smettere di pensare, di autodefinirsi o di avere una coscienza e una personalità propria; allo stesso modo non si può chiedere ad un/una Dom/Master di tralasciare quelle che sono le regole fondamentali a mantenere l’integrità individuale, per far sì che il legame, non rappresenti una sorta di “buco nero” nel proprio percorso di vita, ma una continua ricerca del piacere attraverso la conoscenza di se stessi.
Il romanzo racconta quindi un legame ossessivo e distruttivo, per entrambi, una spirale di dolore e piacere senza nessuna forma di controllo o sicurezza.
Un romanzo che rappresenta una delle radici del BDSM, ma dal quale ha preso le distanze attraverso un percorso di etica e ragione.

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