
REPORTAGE DAL GIAPPONE, ESPERIENZE DI VITA.
Non do mai per scontato nulla, ma quando arriva l’invito non posso che gioire, anche se so che sto per affrontare una nuova sfida. Sul palco dell’Onawa Asobi per la terza volta, ma è sempre come se fosse la prima.
Per chi non lo sapesse si tratta di un festival di Shibari, un weekend di corde assieme a tanti Nawashi giapponesi. Essere accettati, riconosciuti e rispettati come rigger a Tokyo non è una passeggiata, anzi, è stato un lungo percorso costruito pezzo per pezzo, mettendomi alla prova, con la consapevolezza che non si smette mai di imparare.
Partire per il Giappone non significa solo partecipare a quello show, ma è un’occasione unica per immergermi in una cultura che amo e che mi ha trasmesso tanto. Quest’anno mi hanno organizzato durante la mia permanenza ben 5 incontri che mi hanno segnato e insegnato e volevo condividerne i momenti più profondi.
Il primo incontro sembrava in apparenza essere colloquiale, ma mi sono accorto poco dopo che sarebbe stato un tuffo nel passato ed un momento di crescita. Ho conosciuto una delle allieve preferite del Sensei Yukimura, Ibarako San. Nel suo piccolo studio, austero come sempre qui in Giappone, fatto di un monolocale contenente una struttura di tubi metallici innocenti e tappeti a terra.
Ad accompagnarmi un altro Senpai, Yugo San, che mi ha presentato e ha garantito per me, cosa fondamentale in Giappone per poter essere accolti in questa comunità che è di nicchia. La prima cerimonia con cui si inizia ogni incontro è sempre quella di condividere il caffè e il the portati da ognuno con i biscotti seduti a terra e si fa conversazione, il loro momento di convivialità fatto con semplicità, senza nessun tipo di formalità.
L’argomento è ovviamente il compianto Sensei, manca a tutti, ognuno porta i propri ricordi e aneddoti, condividendo video e foto delle lezioni fatte. Mi si riempe il cuore anche ora a ripensarci: quanto avrei voluto poter vivere altri momenti con il mio Sensei, riguardarlo mi porta indietro nel tempo e tra una punta di tristezza mi rendo conto di quanto sono stato fortunato a conoscerlo.

Ibarako San ha studiato con il Sensei Yukimura per 20 anni, attualmente organizza un festival annuale solo per gli studenti dello Yukimura Ryu, mi ha invitato a partecipare, si svolgerà a Marzo e per quanto lo vorrei non riuscirò a prenderne parte, ma sarà sicuramente per il 2020, un nuovo traguardo da raggiungere.
Passate le chiacchiere si estraggono le corde, Ibarako San mi chiede di legare Marlene, per farle provare le sue corde, da una esperta giapponese. E’ sempre una emozione particolare vedere la propria donna legata da altri, ma allo stesso è un’opportunità immensa, molti sottovalutano quanto si impara nell’osservare i rigger più esperti. I passaggi, la sensualità con cui si muove, le mani a tratti morbide e a tratti decise, le emozioni vengono a galla tra le pause, una danza su un corpo che conosco bene, e di cui riconosco i segni del piacere. Poter guardare da fuori Ibarako è stato per me molto importante, quasi un riscoprire il mio stile che purtroppo è poco usato in Italia. Il pomeriggio continua fra corde e chiacchiere e la promessa di rivederci ancora in futuro, il tempo vola e arriva presto l’ora di andarsene. Camminare a Tokyo di notte mi fa sentire che sono sulla strada giusta, mi sento quasi a casa.

Pensandoci dimentichiamo la versatilità che possono avere le corde, perché spesso siamo circondati da persone che si muovono sulle nostre stesse frequenze e in qualche modo finiamo per allinearci a muoverci nella stessa banda, essere qui e poter scoprire nuove emozioni e tecniche è un privilegio.
Anche per questo accetto volentieri l’invito ad un Nawakai privato in un club, non sapendo con esattezza che cosa vedrò. Entrare è sempre per me un momento difficile
non lo nego, non parlo giapponese, sono straniero e sono sempre quello nuovo.
Ma mi accorgo che in realtà, prima del mio arrivo sanno già chi sono, altrimenti
non mi avrebbero mai permesso di essere qui. Mi accolgono con gentilezza, anche
qui si inizia con una cerimonia di convivialità in cui la Padrona di casa ci presenta uno ad uno, si scambiano convenevoli sull’Italia e su quanto la amano.
Piccola curiosità: il prezzo del nawakai è di 9000 yen, circa 70 euro, qui è la
norma per un pomeriggio di corde, comprensivo di open bar – mi chiedo se in
Italia sarà mai possibile arrivare ad avere serata strutturate cosi.
Prima sorpresa: una delle bunny presenti parla italiano, ha studiato per un anno a Bologna, la cosa è stupefacente al punto da lasciarmi interdetto. In questo modo riesco ad esprimermi e conversare con maggior facilità. Mi spiegano che qui legano forte e cattivo, in uno stile più vicino allo Hojojutsu. Haruto San mi fa vedere alcune tecniche di “cattura” della bunny che lui insegna nella sua scuola, mi mostra in modo molto cruento e duro come fare, mi racconta la storia con cui queste tecniche venivano usate per catturare i prigionieri. Una sua allieva ha provato alcune di queste tecniche su Marlene, il mio istinto sadico si scontrava con il desiderio di proteggerla, ma è stata un’esperienza anche per lei molto forte e diversa dalle solite. Finito il momento di conoscenza mi chiedono di aprire le danze per gli show della serata, come spesso accade dopo averti lasciato parlare vogliono vedere se sei bravo quanto dici.

In contrapposizione a quanto ho visto finora scelgo di usare uno stile dolce, leggero ed elegante. Raccontare le emozioni più sottili e sensuali. Si offre come bunny la Padrona di casa, Ren, una signora esile in kimono, aggraziata e fragile allo stesso tempo. La sospendo a pochi centimetri da terra e le danzo con le mie dita attorno, alternando piacere a
piccoli gesti di dolore. E’ leggera nelle mie corde, passiamo una mezz’ora a cambiare equilibri e tensioni. La sciolgo lentamente godendomi ogni suo sospiro. Dopo aver affrontato una leggera ansia da prestazione, mi godo l’applauso e poi i complimenti, i giapponesi restano sempre sorpresi nel vedere un occidentale profondamente immerso nelle corde. Riconoscono l’Aibunawa, e lei mi chiede se mi sono trattenuto. Colgo l’occasione per parlare di quanto è importante per conoscere la modella e che certamente con qualcuno che leghi per la prima volta è meglio andare sul sicuro o comunque per gradi,
mi accorgo così che anche loro apprezzano questa gradualità. Le spiego che
comunque posso dare emozioni anche diverse e per questo mi fa promettere una
prossima legatura più cattiva.
Capisco il suo stupore nella mia dolcezza quando la vedo legata dal suo Rigger, Haruto San, l’unica parola che mi viene in mente è tortura. Decisamente un livello sopra la media, sospensione dolorosa, frusta, mani che scavano nella carne. Mi godo ogni gemito e ogni istante di qualcosa che non si vede di certo su un palco. Ho il
tempo anche qui di imparare con gli occhi, cose che non si vedere in occidente
e che non so nemmeno se sarebbero apprezzate davvero.
La cosa meravigliosa è che quando finisce l’incontro c’è anche il tempo di girare per il mercatino del quartiere e entrare nei templi buddisti, e fare in tempo ad andare al Nawakai di Kinoko Hajime, e mangiare al MacDonald giapponese che offre cose che non trovi in italia.
Questo è un pezzo dell’esperienza in giappone settimana prossima proseguiamo ancora.